Recensione "Paula" di Isabel Allende
di Isabel Allende
traduzione G. Guadalupi
Feltrinelli
Romanzo di formazione
Romanzo di formazione
Paula, nata il 22 ottobre 1963, è una ragazza felice, innamorata del marito, appassionata del suo lavoro. La sua è una vita semplice, che non ha niente a che vedere con quella di sua madre Isabel. Due donne, due destini diversi. Improvvisamente Paula si ammala di una malattia gravissima, la porfiria, che la trascina in un coma da cui non c'è ritorno. Isabel accorre al suo capezzale per cercare di trattenerla in vita, o forse per accompagnarla dolcemente verso la fine... Con la scrittura la madre-scrittrice cerca di "distrarre la morte", cerca di trovare un senso a una tale insensata tragedia: grazie alla magia della parola evoca tutti i componenti della sua esuberante e bizzarra famiglia perché circondino Paula, superando i confini individuali di vita e di morte.
Una sera, a Buenos Aires, una donna vestita di nero si avvicinò a Isabel Allende, le prese le mani fra le sue e le lasciò in dono quattro profezie che, interpretate, si rivelarono esatte: terribili capovolgimenti politici avrebbero gettato il Cile nel terrore, durante il colpo di stato delle forze militari; una sorta di “paralisi” avrebbe caratterizzato l’esilio in Venezuela; il trionfo sarebbe stato il destino tributato ai propri romanzi; e, per ultima, una fama a livello internazionale sarebbe spettata alla primogenita, Paula. Certo la scrittrice immaginava un futuro diverso, all’epoca, per la propria bambina.
Molte parole sono state spese sul romanzo intitolato “Paula”. Eppure non sono troppe al punto da esimermi dal scriverne altre, anche io, oggi reduce da un viaggio in un mondo di ombre e carne, di introspezione e pragmatismo, di magia e progresso, di memoria e futuro. E’ il viaggio che sempre si compie attraverso le opere della Allende, dove le mani sono polmoni, contratti in uno spasmo, e la scrittura è un surrogato di vita, dispensatore di ossigeno.
“Paula” è un romanzo di formazione che procede, apparentemente, a ritroso. E’ la storia della figlia della scrittrice la quale, a soli ventotto anni, a causa della porfiria, cade in un coma profondo che ne annulla le facoltà di donna adulta e la riconduce, giorno dopo giorno, passando attraverso le braccia della madre e del marito, nell’innocenza del liquido amniotico del ventre che la ha generata.
Il letto, che ne accoglie le membra immobili, diventa prima culla, accanto alla quale sussurrare favole, senza la pretesa di edulcorarne il finale, poi sepolcro vuoto, dal quale risorgere, scostando la pietra della malattia e liberando lo spirito nei cieli tinti di assoluto. Gli stessi cieli, sconosciuti e silenziosi, da cui si proviene, prima di insidiarsi nell’utero e divenire parte della contingenza.
Durante la lettura appassionata del libro, non ho potuto non ricordare i venerdì che precedevano la Pasqua, durante la mia infanzia ad Alghero, quando, con struggente malinconia, osservavo il Cristo ligneo, deposto in una maestosa bara barocca, portato in processione nell’oscurità squarciata solo da fiaccole. Il feretro, nel dialetto locale, di ascendenza catalana, è denominato “bressol”, ossia culla, perché è non-luogo, tramite divino di spirituale inizio e di risurrezione.
Molte parole sono state spese sul romanzo intitolato “Paula”. Eppure non sono troppe al punto da esimermi dal scriverne altre, anche io, oggi reduce da un viaggio in un mondo di ombre e carne, di introspezione e pragmatismo, di magia e progresso, di memoria e futuro. E’ il viaggio che sempre si compie attraverso le opere della Allende, dove le mani sono polmoni, contratti in uno spasmo, e la scrittura è un surrogato di vita, dispensatore di ossigeno.
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Perché tante parole, se non mi puoi sentire? Perché queste pagine che forse non leggerai mai? La mia vita si fa nel narrarla e la mia memoria si fissa nella scrittura; ciò che non riverso in parole sulla carta lo cancella il tempo. […] Mi rigiro in queste pagine in un tentativo irrazionale di vincere il mio terrore, mi viene da pensare che se do forma a questa devastazione potrò aiutarti e aiutarmi, il meticoloso esercizio della scrittura può essere la nostra salvezza.
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“Paula” è un romanzo di formazione che procede, apparentemente, a ritroso. E’ la storia della figlia della scrittrice la quale, a soli ventotto anni, a causa della porfiria, cade in un coma profondo che ne annulla le facoltà di donna adulta e la riconduce, giorno dopo giorno, passando attraverso le braccia della madre e del marito, nell’innocenza del liquido amniotico del ventre che la ha generata.
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Quel periodo in cui tu eri dentro di me fu di perfetta felicità, non mi sono mai sentita così ben accompagnata. Imparammo a comunicare in un linguaggio cifrato, seppi come saresti stata nel corso della tua vita, ti vidi a sette, quindici e venti anni, ti vidi con i capelli lunghi e la risata allegra e anche con i blue jeans e il vestito da sposa.
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Il letto, che ne accoglie le membra immobili, diventa prima culla, accanto alla quale sussurrare favole, senza la pretesa di edulcorarne il finale, poi sepolcro vuoto, dal quale risorgere, scostando la pietra della malattia e liberando lo spirito nei cieli tinti di assoluto. Gli stessi cieli, sconosciuti e silenziosi, da cui si proviene, prima di insidiarsi nell’utero e divenire parte della contingenza.
Durante la lettura appassionata del libro, non ho potuto non ricordare i venerdì che precedevano la Pasqua, durante la mia infanzia ad Alghero, quando, con struggente malinconia, osservavo il Cristo ligneo, deposto in una maestosa bara barocca, portato in processione nell’oscurità squarciata solo da fiaccole. Il feretro, nel dialetto locale, di ascendenza catalana, è denominato “bressol”, ossia culla, perché è non-luogo, tramite divino di spirituale inizio e di risurrezione.
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Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello. Sei come la notte, silenziosa e costellata. Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
di Pablo Neruda
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di Emma Fenu Nata e cresciuta respirando il profumo del mare di Alghero, ora vive, felicemente, a Copenhagen, dopo aver trascorso un periodo in Medio Oriente. Laureata in Lettere e Filosofia, ha, in seguito, conseguito un Dottorato in Storia delle Arti. Scrive per lavoro e per passione. Mito e devozione nella figura di Maria Maddalena, Abel Books. Vite di Madri. Storie di ordinaria anormalità, Echos Edizioni. |
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