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L'editoriale di Angelo Gavagnin: riflessioni sul 2 novembre

di Angelo Gavagnin

Il 2 novembre. Il giorno dedicato ai morti, qualcuno lo chiama ancora festa dei morti, un ossimoro, o anche no. Chissà come se la godono, senza sveglia, lavoro, spese da fare e un corpo da curare tutti i santi giorni...

A parte gli scherzi, questi sono i giorni dell'anno durante i quali un pensiero va sempre ai nostri cari che non sono più con noi. Magari durante tutto l'anno ci pensiamo poco, abbiamo tanto da fare, ma questo periodo si adatta bene alla riflessione: c'è un po' di malinconia, la luce del giorno ha un altro colore, la sera arriva presto, l'estate con la sua spensieratezza è un ricordo lontano, lontano. Ecco che anche loro, i nostri cari defunti, fanno capolino nei nostri pensieri.
Ognuno ci pensa attraverso la propria cultura e le proprie convinzioni. C'è chi pensa al vecchio nonno seduto di fianco a San Pietro, sempre e solo insieme a lui perché, anche da vivo, scordava sempre le chiavi di casa. Io, il mio vecchio, buon nonno continuo a vederlo in barca, a pesca, nella laguna di Venezia, dove ha passato tutta la vita.
Nessuno è senza parenti o amici al cimitero. In questo periodo, è un posto particolarmente colorato, pieno di fiori, la gente passeggia tra i viali alberati, silenziosa, assorta, quasi direi meditativa.
Tutti sappiamo bene che così andrà anche per noi, però continuiamo a vivere come se fossimo eterni, la nostra esperienza ci dice che a morire è sempre un altro, mai noi. Forse per questo, della morte, non ne abbiamo neppure tanta paura, la rimuoviamo e non ci pensiamo ed è un bene, pensate cosa sarebbe vivere costantemente con la paura della morte... una tortura!
Una paura che invece è consigliabile avere, quando arriva il momento, è quella di perdere totalmente la memoria, i nostri ricordi, le persone e i luoghi che abbiamo amato, le esperienze che abbiamo vissuto. Supponiamo, invece, di riuscire a portarci dietro ciò che siamo stati, la morte, allora, non dovrebbe farci paura, come se non avvenisse affatto. La vita, semplicemente, continuerebbe in un altro modo, sotto un'altra forma e avremmo con noi tutto ciò che siamo stati e tutto ciò che abbiamo imparato, come fosse la nostra naturale evoluzione, il nostro futuro. La sola paura dovrebbe essere morire senza aver raggiunto nessuna coscienza di noi, perché il rischio sarebbe quello di dover ricominciare, ancora una volta, tutto da zero.

"Una umanità intelligente dovrebbe usare le scoperte, le macchine, per vivere meglio, per lavorare sempre meno, usare il proprio tempo per studiare, progredire sulle scienze umane, godere dell'arte, meditare, avvicinarsi all'essenza del proprio essere.
Una umanità intelligente, dovrebbe imparare anche ad accogliere il momento della morte con gioia, perché ha vissuto una buona vita."





Angelo Gavagnin
Ho lavorato al Porto di Venezia, un lavoro che mi lasciava periodi di libertà che ho usato per viaggiare in Thailandia, Malesia, Sri Lanca, ma anche Cuba e Santo Domingo. Sono stato varie volte in India. Ho conosciuto il Maestro Indiano Osho e ho assistito alla sua cremazione tra canti e balli. Sono diventato papà all'età nella quale di solito si diventa nonni e così sono finiti i viaggi e mi è venuta voglia di scrivere.
Non sono nato e mi sento molto bene, Youprint.

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