Una porta sull'Arte: Dorothea Tanning, il percorso di una vita
di Gianna Gambini
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Deirdre |
Inutile dire che mi adoperai subito per sapere chi fosse, ma invece di seguire le indicazioni di più o meno accurate biografie, decisi di scoprirlo tramite le stesse parole dell’artista, che nell’autobiografia Beetween lives (2000), narra le vicende della sua vita dalla sua nascita al suo novantesimo compleanno.

Capì ben presto che vivere in provincia non l’avrebbe aiutata a proseguire nella sua più grande passione, la pittura, per questo si trasferì nella vicina Chicago.
Alcuni anni dopo, invece, decise di recarsi a New York , centro propulsore per l’arte dell’epoca e visitò la mostra “Fantastic Art, Dada and Surrealism” al Museo di Arte Moderna: questo episodio segnò una svolta nella sua carriera artistica, poiché intuì che la parola chiave dei suoi lavori avrebbe dovuto essere “deviate”.
Dopo una breve parentesi parigina, Dorothea tornò a New York, dove l’incontro con Julien Levy prima e con Max Ernst poi, il quale diverrà in seguito suo marito, le procurarono una certa notorietà (nel 1942, grazie alla volontà di Ernst alcune sue opere furono inserite nella mostra “Thirty women”). Fu questo il periodo in cui probabilmente raggiunse la sua maturità artistica, proponendo nelle sue tele oggetti che diventano evanescenti, in continuo cambiamento: le metamorfosi che si compiono davanti allo spettatore non giungono mai ad un compimento definitivo.
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Maternity (1946/47) |
Nel quadro Maternity (1946-47) in secondo piano rispetto alla madre che cinge il figlio, avvolta da un panno candido, compare un cagnolino dal volto di bambino. Nel suddetto lavoro compaiono due tematiche care all’immaginario della Tanning: la maternità , o meglio l’assenza di essa, poiché la Tanning si è sempre rifiutata di avere dei figli, usando come surrogato i cagnolini, in particolare la sua amata Kachina, e la porta. Le porte, i confini segnati, sono una costante nei lavori dell’artista, spesso semichiuse, aspettano di essere spalancate, oppure serrate, sono il segno di un altrove da scoprire, che può essere il mondo della fantasia, ma anche lo spazio onirico: in questo caso la porta corrisponderebbe alla censura, un limite da oltrepassare se si vogliono conoscere i messaggi del nostro inconscio.
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Jeux d’enfants(1942) |
Per un breve periodo la Tanning si dedicò anche alla scultura, ma ciò fu soltanto una breve parentesi di cui resta traccia al Centre Pompidou di Parigi, per tornare in seguito alla pittura. Dopo la morte di Max Ernst, vissuto accanto alla donna per trent’anni, Dorothea vivrà un periodo di inattività e periodi di profonda depressione, si alterneranno a lievi sprazzi di tranquillità , sempre intaccata, però dall’angoscia per il tempo che passa e dal conflitto con “the odious reaper” (l’odiosa mietitrice), appellativo che usava spesso al posto di morte, non dovuto al fatto che ne avesse paura, ma legato alla rabbia che nutriva nei suoi confronti, poiché le aveva portato via tutte le persone a lei care.
Dorothea si è spenta il 31 gennaio 2012 a New York, dove aveva deciso di tornare a trascorrere gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi sia alla pittura, che alla scrittura: del 2004 è il suo romanzo più noto Chasm.
Spesso i critici si sono chiesti il motivo per cui le sue opere, che hanno attraversato quasi un secolo di storia, hanno catturato migliaia di spettatori: la risposta credo che sia nell’aurea misteriosa e affascinante che avvolge ogni immagine riportata sulla tela. Un semplice dipinto ci appare nella sua inesorabile bidimensionalità , mentre le opere della Tanning si affacciano in una dimensione ulteriore, inafferrabile: la dimensione della possibilità , di ciò che avrebbe potuto essere, ma non è, qualcosa che aleggia sopra la tela, ma che non si palesa, la “road not taken”, come la definiva Bailly. Lo spettatore rimane con il fiato sospeso, poiché in ogni tela aleggia qualcosa di misterioso che è lì, a portata di mano, suggerito, ma non detto, che può essere scoperto soltanto da chi, temerario, deciderà di percorrere una strada non ancora percorsa.
Gianna Gambini Laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Firenze. Dopo aver conseguito alcuni master e il diploma di specializzazione presso la SISS di Pisa, lavora come insegnante, presso la Scuola Secondaria di Primo grado. Sposata con una figlia vive nel comune di Terranuova Bracciolini. Tartarughe marine, 0111Edizioni. |
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