<h3 class="titoletti">Giveaway e Challenge</h3> <h1>Colpo di fulmine <br/>il Giveaway di S. Valentino</h1> <h5>[CONCLUSO]</h5>

Non si gioca con l'amore!

Non potevamo non festeggiare S. Valentino nel modo più classico, parlando cioè di amore e di storie di innamorati.

In questo post, Gli scrittori della porta accanto vogliono giocare con i lettori attraverso i loro libri (d'amore) e i personaggi in essi narrati. Per ognuno dei libri Romance di questo blog, verranno presentati i personaggi principali, descritti caratterialmente e fisicamente attraverso le righe dei libri.

COME SI PARTECIPA?

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I lettori dovranno commentare il post indicando per quale o quali dei personaggi è scattato il colpo di fulmine, cioè quelli con cui si identificano o quelli che li hanno conquistati (anche più personaggi e di libri diversi).

Dovranno anche indicare quale libro hanno scelto, tra i Romance, in caso di vittoria (può essere diverso dal libro commentato).

Tra di essi verrà sorteggiato, attraverso Random.org, un vincitore.

L'unione al blog (attraverso il widget Stay Tuned! presente nella sidebar di sinistra) non è obbligatoria ma gradita.

La scadenza del Giveaway è il 14 febbraio (ultimo giorno per partecipare). Il vincitore verrà indicato su questo post (aggiornato allo scadere della mezzanotte del 14 febbraio) e dovrà comunicare il suo indirizzo di recapito del premio, lasciando un commento al post o inviando un messaggio privato a .

clicka sulle copertine per leggere la scheda del libro e trovare i link d'acquisto

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Titolo: La forza di una donna Autore: Patrizia Berti Giulia è una giovane donna, mamma e moglie a tempo pieno, provata dalla vita, che l'ha privata in giovane età dei genitori, dai tradimenti del marito e delusa dalle amicizie. Decide che è arrivato il momento di cambiare e per farlo si mette alla ricerca di un lavoro. Ma la nuova occupazione porta con sé una serie di avvenimenti che sconvolgono la sua vita. Trova ad attenderla l'amore, la passione e il tormento, fra le braccia di un imprenditore egoista e presuntuoso: Mauro. Giulia tenta invano di sfuggire alle lusinghe dell'uomo. Dal canto suo, lui scopre di non riuscire a fare a meno di quella donna che inizialmente desiderava solo per cupidigia. La loro relazione clandestina è travolgente e intrigante. E una sera, fra le luci soffuse di un piano bar, Giulia scopre che al peggio non c'è mai fine. Ma con la forza che solo una donna temprata dalle avversità della vita può avere, rimette in sesto corpo e anima per ricominciare un nuovo cammino.

MAUROQuell'uomo era vicinissimo a Giulia, quindi da quella posizione, notò perfettamente le piccole rughe a lato degli occhi leggermente serrati, a causa del fumo emanato dalla sigaretta, mentre le sue nari catturavano quell'odore misto al profumo che lui usava, lo riconobbe subito perché era lo stesso profumo che usava suo marito ormai da anni, Egoiste. Le balenò all'istante un pensiero - Mai profumo fu più appropriato alla personalità di quest'uomo. Lo guardò ancor meglio, mentre lui riponeva il suo Dupont d'oro nella tasca. Ora che era un po' più rilassata, riusciva ad analizzarlo nei minimi particolari: era 'SUPERLATIVO'. Approssimativamente poteva avere un'età compresa fra i quaranta, quarantacinque anni. Alto, fisico asciutto e nerboruto, riusciva a scorgere i possenti quadricipiti che tendevano i pantaloni con risvolto, in fresco di lana color antracite. Occhi di un bel color nocciola, con lunghe ciglia scure, che davano risalto a uno sguardo, già di per sé molto intenso. I suoi capelli erano neri e lisci, con appena qualche filo d'argento sulle tempie, che conferiva all'uomo quell'aria vissuta che sicuramente piaceva alle donne.

GIULIANon sapeva da quanto tempo si trovasse in quelle condizioni. Adesso era riversa sul pavimento, il bicchiere rovesciato sul divano, tutto intorno a lei roteava, sentiva l'eco di un forte rumore. Erano dei colpi alla porta di casa, uniti al campanello che suonava. Tentò di alzarsi, ma al primo tentativo ricadde pesantemente sul tappeto. Provò a dire, a quelle voci che la chiamavano fuori dalla porta. «Sto arrivando, un attimo». Ma la sua voce era un flebile sussurro. Al secondo tentativo si rialzò faticosamente e si diresse, appoggiandosi ai mobili e alle pareti, in direzione della porta d'ingresso. Ecco, era arrivata. Riuscì a stento a far scattare la serratura, vide i ragazzi e Valeria, abbozzò un breve sorriso e nuovamente svenne.

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Titolo: Perchè ne sono innamorata Autore: Elena Genero Santoro Quanti modi ci sono per innamorarsi? E quanti per esprimere l’amore? La sognatrice Manuela, l’introversa e concreta Futura, la tenace Ljuda e la rassegnata Martina sono alle prese, rispettivamente con un promesso sposo altrui e inaffidabile, un ragazzo affascinante ma affetto da una patologia genetica, un seminarista e un fidanzato arrogante e violento. Impareranno, a loro spese, a discernere le relazioni sane da quelle malate.  Un romanzo quasi tutto al femminile e parla di innamoramento a vent’anni, innamoramento che può essere vissuto come attaccamento morboso, o come fenomeno che rischia di scombinare tutti i piani e scardinare le labili certezze messe insieme fino a quel momento e di gettare, nel bene o nel male, le basi per la vita adulta, che può aprire le porte ad un’avventura meravigliosa e inaspettata, oppure può costringere a scelte impegnative, o, infine, può condurre all’annullamento di sé e della propria dignità.

PATRICKOcchi grigi e freddi, pelle molto chiara e lineamenti scolpiti, capelli lisci e lunghi di un castano chiaro… indubbiamente un tipo particolare, uno che si faceva notare. [...] "Mia madre mi ha insegnato ad essere gentile ed educato con le persone che ho intorno a me, ma questo non vuol dire che io starei con chiunque. Nel tuo corso c’è quella tipa, credo che si chiami Cinzia, che mi chiede sempre delucidazioni a fine lezione. È evidente che vuole mettersi in mostra ai miei occhi, ma in questo momento non mi interessa e quindi mi limito a risponderle per quanto riguarda la materia senza incoraggiarla ulteriormente. E se ipoteticamente dovesse insistere, le spiegherei che non è il caso. Non sono né così complessato né, al contrario, così vanesio da dovermi pavoneggiare con le studentesse." [...] Patrick si era sentito come abbandonato e tradito dal suo stesso corpo. Si rese presto conto che anche il recupero post ospedaliero non sarebbe stato immediato: settimane di immobilità gli avevano causato una perdita del tono muscolare, si sentiva fiacco e senza forze, debole e con poche difese immunitarie. I medici gli raccomandavano di stare tranquillo, ma lui era impaziente di tornare alla sua vita di prima. Era di pessimo umore, si sentiva depresso e non avrebbe mai voluto che Futura lo vedesse così. Una notte, quando si trovava già nella casa di cura in cui lo aveva fatto trasferire sua madre, si svegliò con un’orribile sensazione: gli sembrava di non riuscire a respirare, gli sembrava di avere un infarto in atto, era sudato, si sentiva morire. Chiamò aiuto, gli furono fatte tutte le analisi del caso e risultò che non si era trattato di altro che di un bell’attacco di panico. Gli diedero qualche goccia di diazepam e lo lasciarono riposare. [...] Futura constatò con grande piacere che lui era nato per fare l’insegnante: era paziente, era chiaro e non era mai saccente quando correggeva i numerosi e ripetitivi errori che lei commetteva. Ben presto le ore trascorse insieme sui libri divennero un piacere per entrambi.

FUTURAPiccola di statura, minuta, con pelle ambrata ed occhi di un insolita tonalità viola, non andava fiera delle sue cosce cicciottelle, ma neanche si dannava per combattere la cellulite. Al liceo era stata ben più pasciuta e persino un po’ tarchiata; poi le trasferte, lo studio, lo stress l’avevano naturalmente snellita senza bisogno di ulteriori diete, dimenticandosi però delle cosce. Ma lei non si era ancora resa conto di essere ormai magra, e persino mediamente graziosa, cellulite a parte. Continuava a vedersi brutta e a sentirsi indesiderabile come succedeva al liceo. L’ordine non era una delle sue virtù. L’espansività neanche. [...] Il giorno dopo Futura se ne stava appollaiata su un davanzale della Facoltà, intenta a consumare un pranzo freddo, quando udì una voce: - Ti è caduto questo. Si voltò di scatto con la sua consueta diffidenza. In piedi, di fianco a lei, c’era Patrick, quel Patrick, che le porgeva un quaderno sorridendole in modo accattivante. Il primo pensiero che le passò per la mente fu che quel Patrick, visto dal vivo, era più solare e simpatico che nella foto di Manuela, dove appariva freddo e distaccato. Il secondo pensiero fu che quel Patrick, così sorridente e sornione, era nientemeno che il farfallone marpione che aveva preso in giro la sua coinquilina. Il terzo pensiero fu che lei, con quel Patrick, non voleva avere assolutamente nulla a che fare dal momento che, come già considerato, non desiderava trovarsi in mezzo alle recriminazioni di due ex fidanzati. [...] [Futura scrive a Patrick, ndr] avrai capito che non ho avuto molta fortuna con i ragazzi fin qua. Nicola, quello del bar, è stata l’ultima ciliegina sulla torta di una serie di sfighe amorose che mi vergogno persino a raccontare nel dettaglio. Quindi mi sembrava incredibile che un ragazzo, un bel ragazzo interessante, potesse mostrare delle attenzioni per me. Mi sembrava più plausibile che un bel ragazzo si divertisse a fare il piacione anche con me. Per cui devo confessarti che all’inizio non ti avevo preso molto sul serio. E intanto il tempo passava. [...] [Patrick parla di Futura, ndr] "A me ha permesso di accorgermi che Futura è l’antitesi dell’egoismo, che per me ha voglia di darsi da fare, che cerca sempre di farmi sentire importante, che mi vuole veramente bene. Ed io me ne accorgo perché con lei mi sento sempre ascoltato e accolto per come sono. Siamo insieme, ma io mi sento libero di essere me stesso e di esprimermi come posso e come voglio. È una sensazione bellissima, non l’avevo mai provata con nessun’altra ragazza fino ad oggi. Mi stimola a mia volta ad essere migliore. E tra l’altro Futura è una cuoca fantastica, cosa che non guasta…"

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Titolo: Come una pianta di cappero Autore: Massimo Granchi Edda nasce nella seconda metà del Novecento in una famiglia di umili origini e in un quartiere popolare alla periferia di Cagliari. Una madre distratta da tanti figli, un padre troppo assente per motivi di lavoro, la lasciano crescere ostinata e fragile, in mezzo alle molteplici stravaganze dei suoi fratelli. Il sogno è l'unica dimensione in cui può vivere. Edda vorrebbe godersi la libertà fuori dalle quattro mura domestiche, dalla sua città e da se stessa. Alcuni viaggi verso l'emancipazione, a volte obbligati, la portano per lunghi periodi a vivere in Continente. A Palermo fa la giostraia ed è ospite di una famiglia di zingari. A Roma è acrobata in un circo. Mentre la vita incombe, si definiscono in lei i segni di una debolezza emotiva profonda, aggravata dai molti ostacoli che incontra, dagli amori infelici e dai fallimenti che subisce. Conosce Onofrio, l'uomo che diventerà suo marito, e grazie a lui sembra pacificarsi con la parte tormentata della sua anima. Ma che cosa succede quando il viaggio non può più essere un rifugio?

ONOFRIO“Che collo piccolo ha quel tipo. Anzi, non ce l’ha proprio! È quasi ridicolo” pensò Edda fra sé, poi si soffermò a osservare il suo petto definito e le gambe atletiche. Il pallone sfuggì dalla presa di Onofrio e rotolò sulla sabbia fino ai piedi di Edda ancora attanagliata dai suoi pensieri. Il ragazzo le si avvicinò mostrando un sorriso cordiale. Nella corsa piegava leggermente una spalla e lasciava ciondolare goffamente l’avambraccio. Edda non se ne era mai accorta prima. Quando le fu di fronte, il finanziere le fece linguaccia e si allungò verso la sfera per raccoglierla. La ragazza lo fissò negli occhi. Notò che uno era verde e l’altro marrone. Pensò che fosse una cosa curiosa. Ricambiò il sorriso e lo seguì mentre si riuniva agli altri che agitavano le braccia per sollecitare la ripresa del gioco. [...] Una sera Onofrio ruppe il silenzio. «Colei che cerca la felicità». «Come?». «Edda… colei che cerca la felicità. È il significato del tuo nome, non lo sapevi?». Onofrio parlava senza distogliere lo sguardo dall’orizzonte sotto un cielo arancione. Un leggero rossore imporporò le sue gote. «Come fai a conoscere il significato del mio nome?». «L’ho cercato. È un nome particolare, insolito. Mi ha incuriosito. Mi…incanta. Ti dispiace?». «No, no. Certo, che no!». «Sei sorpresa?». «Un po’. Non so cosa dire! È una bella cosa». «Figurati. Non c’è molto da dire. Mi basta vederti sorridere». Edda quasi si commosse. Gli occhi le si inumidirono. Si sentì stupida, senza volerlo. Si girò anche lei a guardare la linea del tramonto. Un peschereccio attraversava lentamente il confine piatto fra cielo e mare. Alcuni gabbiani planavano sull’acqua. «Cos’hai?». «Non so. Sto bene».

EDDAEdda aveva rivolto un gesto rapido della mano per salutare gli amici del bowling che la osservavano da lontano. La sua maglietta era scollata e le maniche larghe lasciavano intravedere i piccoli seni. I blue jeans aderenti le esaltavano i fianchi larghi. Il mascara nero sugli occhi disegnava due linee spesse. I suoi capelli neri erano sciolti, lunghi e lucidi sulle spalle. Dalle orecchie pendevano anelli dorati che aveva comprato al mercato di Ballarò. [...] «Che gente sciagurata siamo noi!» disse, come parlando a una figura immaginaria rannicchiata ai suoi piedi. «Edda, what are you saying?» rilanciò il ragazzo. La collera sbaragliò la sua commiserazione. «Ethan. Basta! Voglio partire.» disse Edda puntando nuovamente i suoi occhi addosso al ragazzo. «Sì! È finita» ribadì. Espulse l’aria, liberandosi di un peso. La colse una disperazione compatta, pesante. Un’antica divinazione la colmò dando un significato profetico e risolutivo alle sue parole. Tornò in contatto con la realtà. Rivolse un ultimo sguardo a Ethan. Lo gelò con un addio pieno di rancore. «Non voglio vederti mai più. Mai più» disse e si allontanò da lui senza dargli alcuna possibilità di replica.

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Titolo: Volevo un marito nero Autore: Valentina Gerini Da Zanzibar alla Repubblica Dominicana, si raccontano le avventure di Federica che per lavoro si ritrova a vivere per alcuni mesi in luoghi esotici e, con grande spirito di adattamento, voglia di conoscere il mondo, desiderio di fondere le diverse culture e coraggio nell'affrontare le difficoltà, riesce sempre ad ambientarsi.  Lei crede in importanti valori quali l'amicizia e l'amore ed è certamente quest'ultimo, travolgente e inaspettato, ciò che muove tutte le situazioni e influenza le sue decisioni al punto di cambiare la direzione del suo viaggio.  Fin da piccola aveva desiderato di sposarsi con un uomo straniero e il suo sogno alla fine si avvera. Crede ciecamente nel destino e tutto quello che una veggente un giorno le aveva predetto, diventa presto realtà.

RONNYCome un fulmine la sua vista mi annebbiò la mente. Bello come il sole, la pelle color cioccolato, con un cappellino, una semplice T‐shirt bianca e un costume a pantaloncino era pronto per andare al mare. Andammo insieme al mare e iniziammo a parlare in inglese, perché io non parlavo ancora spagnolo né lui italiano. Parlammo e parlammo fino a che non arrivò la sera. Scese la notte ed eravamo ancora a mollo in quel mare fantastico, calmo e caldo.

FEDERICAA soli 13 anni decisi che sicuramente mi sarei fidanzata e magari sposata con uno straniero, possibilmente nero, che parlasse assolutamente un ottimo inglese anche se la sua lingua madre fosse stata un'altra, di buon gusto, con un po' di muscoli ma non troppi, simpatico, geloso ma non possessivo, estroverso ma non invadente. Insomma avevo le idee chiare. [...] Avevo avuto vari ragazzi prima di Ronny, la maggior parte delle mie storie d'amore erano sempre state con persone di carnagione scura, quindi rispettavo, seppur involontariamente, questo mio volere stabilito da bambina. Non era una forzatura, ero semplicemente attratta da quelli che erano diversi da me soprattutto nel colore della pelle. Ma fino ad allora non avevo mai trovato qualcuno che, guardandolo negli occhi, mi avesse fatto pensare "Eccolo qua!" [...] Lì m’incontravo con quelli che erano ormai diventati i miei amici, i Masai, e con loro ogni sera instauravo una conversazione animata che toccava ogni genere di argomento. I supermercati, le guerre, gli animali, il computer. Come facevamo a comunicare? Beh, non è molto semplice da spiegare, ma certo è che tanta volontà e fantasia aiutavano lo sforzo. La maggior parte di loro conosceva solo pochissime parole in italiano e altrettanto poche in inglese, quindi comunicavamo con gesti e rumori e tanti disegni sulla sabbia. Sarah mi chiedeva sempre come facessi a trascorrere ore a parlare con loro, se si poteva definire parlare il fatto di non parlare la stessa lingua. E ogni volta si meravigliava di quante cose imparavo sul loro mondo e la loro cultura.

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Titolo: Tartarughe marine Autore: Gianna Gambini Caterina è una ragazza in lieve sovrappeso che si trova immersa in un mondo adolescenziale popolato da ragazze “murena” e giovani squali, pronti ad attaccarla e calpestarla, senza mai voltarsi indietro per porgere delle scuse.  Lei, giovane e insicura tartaruga marina, ha un’unica arma di difesa, nascondersi nel suo guscio per evitare gli attacchi dei nemici. Il pericolo di cadere la sfiora in varie occasioni, ma con la sua lieve ironia, Caterina riesce a non farsi trascinare nel fondo del baratro, in un percorso di formazione, mai del tutto compiuto.  Tra amori poco limpidi e legami facilmente dissolubili, la protagonista cresce, fino a raggiungere le soglie dell’età adulta.
MARCOMarco, ecco chi era questo qualcuno. L’avevo conosciuto per caso qualche giorno prima e, benché non fossi abituata ai colpi di testa, devo dire che incrociare il suo sguardo mi aveva regalato un’insolita scossa elettrica alla spina dorsale. Niente occhi azzurri da principe fiabesco, neanche capelli fluenti color oro, ma uno sguardo nero e deciso, limpido, che non lasciava spazio a compromessi o falsità. Che fosse di poche parole l’avevo capito subito, dal modo incui ci eravamo presentati: “Sei?”, la prima parola che mi rivolse. Rimasi un po’ spiazzata, ma dopo aver pensato che non poteva dare inumeri (non potevo averlo colpito fino a quel punto), capii che era un modo per chiedere il mio nome. Con un grande sforzo riuscii a tenere a bada la mia parte “stupidina” che tentava di fuoriuscire ogni volta in cui avevo a che fare con un ragazzo appetibile, e scambiammo quattro chiacchiere su amici in comune, interessi, programmi per le serate successive. È inutile dire che lo trovassi bello a suo modo, ma soprattutto distante dai ragazzi con cui avevo avuto a che fare, nel suo totale disinteresse nel fare colpo, nel suo essere se stesso a tutti i costi. Senza sovrastrutture, ecco com’era. Sembrava non sentire la necessità di imitare qualcuno o di mostrare ciò che non era; ad alcuni sarebbe apparso sgarbato, rustico forse, ma io mi ci rispecchiavo. Così come accadeva con i compagni dell’infanzia, con lui non mi veniva voglia di nascondermi, non mi sentivo inadeguata e non avvertivo il bisogno di essere migliore.	CLAUDIOArrivarono un ragazzo e una ragazza che conoscevo soltanto di vista, insieme a Claudio, un tipo dai capelli castano-chiari e gli occhi verdi: ci conoscevamo da un paio di anni, frequentavamo insieme un corso di scrittura creativa, organizzato dalla mia professoressa di lettere e spesso ci scambiavamo consigli, opinioni soprattutto in ambito letterario e musicale. Claudio era molto più colto di me, per questo amavo trascorrere un po’ di tempo con lui, mi affascinava il suo modo di porsi e quando parlava di un libro che aveva letto non potevo fare a meno di leggerlo subito dopo, tanto aveva un potere quasi ipnotico nel narrarne la trama. Se mai avessi deciso di pubblicare un libro, l’avrei di sicuro pregato di scriverne una recensione e di spacciarla tra le più note testate giornalistiche, nessuno avrebbe saputo resistere alla tentazione di acquistarlo.	CATERINAIn effetti non sono così diversa da cinque anni fa, diciamo pure che sono la stessa: qualche anno in più e se possibile, qualche certezza in meno. Ho provato qualche volta a difendermi dalle altre specie marine, a tirare fuori gli artigli, c’ho provato, davvero. Sempre con scarsi risultati, però. Di conseguenza mi sono adattata a vivere ai margini, che non è poi tanto male come sembra, almeno per me. Il mio mondo fatto di libri, canzoni, sogni e film costruiti con una fantasia che non sta mai al suo posto, non mi ha ancora tradito, rimane unico e indistruttibile punto di riferimento. Le amicizie, quelle vere, restano, ma assumono contorni estremamente diversi da quando ancora facevo parte dei teen.[…] Deviare l’attenzione dal miofisico al mio cervello è stata un’ottima soluzione: cerco di nutrire lamia mente, come direbbero forbiti insegnanti universitari, muovendomicon falsa disinvoltura fra i corridoi della facoltà. La guerra, quella in realtà non è mai finita e credo anche che non si concluderà mai: difficile sancire un trattato che metta d’accordo la parte razionale di me con quella dei sentimenti, delle sensazioni.

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Titolo: Il saio a metà Autore: Francesca Risi Mara è bella, elegante e ricca. Cresciuta in una residenza a cinque stelle. Ioan è giovane, affascinante e con due grandi occhi color cioccolata. I loro sguardi si incrociano in un pomeriggio di primavera. Da quell’istante, la vita di Mara non è più la stessa. Sapere chi è quell’uomo “misterioso” è il suo unico pensiero.  La vita è imprevedibile e per opera di inaspettate coincidenze, si ritrovano l’uno di fronte all’altra. Da qui ha inizio una storia avvincente, rocambolesca e a tratti spigolosa. Un susseguirsi di momenti animati dalla voglia di conoscersi, di parlarsi, di farsi spazio nel cuore di entrambi. Tra i due però c’è una “presenza” molto forte. Ioan ha uno stile di vita che gli impone di non innamorarsi. Una “rinuncia” fatta quando ancora era adolescente. Mara consapevole della scelta fatta da Ioan, per paura di perderlo, cerca di arginare quella piena di emozioni che le ingorga il cuore. L’amore però non si fa facilmente tarpare le ali. Soprattutto quando è puro, inaspettato e sincero.

IOANCi incamminiamo verso le scale. Lui non è vestito da prete e non ha neanche i sandali alla francescana. Scarpe da ginnastica blu, jeans e T-shirt rossa. I suoi capelli sembrano più corti e il suo volto molto rilassato. Lo guardo sottecchi. Vorrei fissarlo per ore e memorizzare ogni piccolo particolare. Noto un leggero rossore sulle sue gote. Quel rossore che manifesta timidezza e gioia contemporaneamente. Le mie mani sono sudate, ho un sorriso stampato sulla faccia da quando l’ho visto vicino alla libreria. [...] «Sono arrivato a pensare che se non fossi stato un frate, tu non mi avresti neanche parlato. Sarei stato uno sporco romeno niente di più.» «Sei fuori di testa. Lo sai bene che non è così. Io di te sono innamorata ed è il saio che indossi che detesto.» «Il saio è tutto ciò che ho! Capisci? Fuori dalla mia comunità, io sono finito. Quale vita potrei garantirti? Sei una donna bella, affascinante, ricca puoi avere il mondo ai tuoi piedi. Io non sono ricco, non ho un lavoro, non ho una casa. Quale futuro potrei regalarti? [...] «Un amore forte e intenso. Un desiderio che anche ora trasmoda il lecito. Ti desidero e non c’è preghiera che mi distolga dal pensarti.» I suoi occhi si fermano nei miei e, in silenzio, traccia con le dita le linee del mio viso, come a volerle scolpire nella sua mente, per non dimenticarle mai più. [...] Lo vedo sorridere. Se solo sapesse quanto vorrei abbracciarlo e dargli la mia forza. Lo saluto, portando con me quegli occhi smarriti, quella cieca ostinazione che lo rende fragile. Esco dal confessionale senza sfiorarlo. Ti voglio bene stella mia ed è il mio cuore che te lo dice, in silenzio, altrimenti scapperesti un’altra volta.

MARA“Vorrei che questo momento non avesse fine. Quello che ora sento è la sua mano che stringe la mia e non posso non farci caso. Anche se con tutte le mie forze mi ostino a considerarlo un prete, non riesco a nascondere il brivido che ho dietro la schiena. Quando salirò sul quel treno dovrò portare con me solo il ricordo di una bella giornata trascorsa con lui, senza alimentare il desiderio di rivederlo, di abbracciarlo, di baciarlo…” [...] Devo smettere di pensarlo. Sono anni che vivo libera e spensierata. Senza gelosie, turbamenti e pene sentimentali. Non capisco l’ostinazione della mia mente a voler trattenere questa fissazione. Francesca, la mia amica, dice che devo trovare uomini “finiti”, perché alla nostra età non c’è più tempo per i colpi di testa. Ha ragione! Che senso ha continuare a fantasticare su di lui? L’ho visto una sola volta e pure di sfuggita. [...] Com’è difficile spiegare la magia di quell'incontro. Io ero lì, assorta nei miei pensieri, quando improvvisamente passò lui. Mi scivolò avanti il tempo necessario per scolpirne il volto e trasferirlo al mio cuore. Ricordo che rimasi più di un'ora seduta sulla panca di legno, immobile, ad aspettare che uscisse dalla stanza buia, di fronte a me. Fu nel preciso istante in cui aprì la porta marrone, a vetro opaco della sagrestia, che i nostri sguardi si incrociarono. È passato un mese da allora. [...] Allontano dai miei occhi lo strofinaccio colmo di ghiaccio e guardo in fondo alla sala, non ci posso credere, non c’è più l’uomo dei miei sogni. Sento quell’ultimo briciolo di forza abbandonarmi e così anche la mia testa si lascia ricadere all’indietro, dolorante, tra le braccia di questo sconosciuto che indossa un golfino azzurro. Chiudo gli occhi, li riapro e ciò che vedo è l’immagine dell’uomo misterioso al contrario. Sono folgorata dai due occhi color cioccolata e dal meraviglioso sorriso. Strizzo le palpebre per convincermi di essere ancora viva. «Prova ad alzarti» mi esorta, mi sorride, mi parla. «Coraggio è quasi fatta… in piedi finalmente!» Confuto ogni dubbio: non sto sognando. Proprio quando sono in perfetto equilibrio sui miei piedi, lui allunga una mano verso di me e, in attesa di stringere la mia, mi dice: «Piacere Mara, mi presento, io sono Ioan. Padre Ioan!» Per tutto il viaggio di ritorno a casa, non faccio altro che pensare a Ioan. Non mi sembra vero. Credevo di aver capito male e invece no. Lui è un frate francescano. Un giovane frate romeno che ha completato il noviziato un anno fa circa. Giorgio è alla guida. Accanto a lui Patty. Dietro mia sorella, in mezzo io e a seguire padre Ioan. Continuano a parlare del successo della serata. Ho un forte mal di testa e una stretta allo stomaco. La città è deserta. L’orologio della macchina segna le due di notte. La pioggia cade incessantemente. L’auto accosta e riconosco il convento di fronte a noi. Ioan ci saluta. Mi sorride. Scende dall’auto e prima di chiudere la portiera ci ringrazia per il prezioso aiuto e si congeda augurandoci “Pace e Bene”. Voglio sprofondare.

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L'elenco dei partecipanti e le loro scelte in caso di vincita è visibile qui.

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Il vincitore del Giveaway è Simona Greber, che si aggiudica la copia cartacea del libro scelto.

Congratulazioni!!

Per ricevere il libro dovrai comunicare il tuo indirizzo di recapito del premio, inviando un messaggio privato a .

IL VINCITORE

Il libro vinto è "Perché ne sono innamorata"

Il libro più votato è "Come una pianta di cappero", seguito da "Il saio a metà"

1.

2.

Gli autori dei romanzi più votati hanno deciso di premiare i lettori che li hanno scelti, regalando ad uno dei propri fan l'ebook dell'opera. Ci sono quindi altri 2 vincitori del Giveaway "Colpo di fulmine", che si aggiudicano un ebook:

1.

Luce Di Stella

2.

Angelica Elisa Moranelli

Congratulazioni!!

Per ricevere l'ebook, dovrete inviare una mail a .

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